Recensione: "Uomini e topi", John Steinbeck

George e Lennie sono due amici che condividono il sogno di avere un petto di terra da coltivare e una casa dove poter vivere insieme e sostenersi l'un l’altro.

Dei due George è la mente, colui che pianifica la vita di entrambi, mentre Lennie, affetto da un forte ritardo mentale, è il braccio, colui che segue il fedele amico.

È la storia di un’amicizia tra due uomini vanno in giro per l’America a lavorare nei ranch.

«Un ragazzo non ha bisogno dell'intelligenza per essere bravo: a volte mi sembra che l'intelligenza fa il contrario. Prendi uno davvero sveglio, è difficile che sia una brava persona.»

Ambientato nel primo dopoguerra, in California. Steinbeck propone un tema che riguarda il mondo dei contadini poveri, costretti a spostamenti a causa dei cambiamenti climatici.

È un romanzo potente, con una narrazione calda, coinvolgente e semplice, che lo rende un vero e proprio capolavoro della letteratura.

Amo questo libro, proprio per la sua semplicità, la forte amicizia che c'è tra i due, è un romanzo breve ma, come dicevo prima, ma è potente, ti lascia dentro quel senso di solitudine e di tristezza dentro, e quando chiudi il libro senti già la loro mancanza.

Non mi meraviglia che John Steinbeck abbia vinto il premio Nobel per la Letteratura nel 1962, è un grande scrittore.

Ho scoperto questo libro nel 2007, quando guardavo la serie TV Lost, durante una conversazioni tra Ben e Sawyer. Mi ha colpito questa citazione di Ben che fa riferimento al libro:

«Un uomo ammattisce se non ha qualcuno. Non importa chi è con lui, purché ci sia. Vi so dire», esclamò «vi so dire che si sta così soli che ci si ammala.»

Cosi decisi di comprarlo. A distanza di anni decisi di rileggerlo perché lo avevo dimenticato e vi dirò...non me ne sono pentita.

Sicuramente leggerò altro di questo scrittore, e credo che il mio prossimo libro sarà Furore.

Spero abbiate letto questo capolavoro e se così non fosse, fatevi un regalo.

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